venerdì 9 ottobre 2009

MESSINA, IL COMUNE CON UN ‘BUCO’ DA 500 MILIONI DI EURO

IL SINDACO BUZZANCA E IL SISTEMA DI CLIENTELE CHE MANGIA SOLDI PUBBLICI LASCIANDO LA CITTA’ IN BANCAROTTA

Alza la voce Peppino Buzzanca. “La vittime di Messina non sono di serie b”. vuole funerali di Stato e li ottiene. Sabato lutto nazionale. E così i morti di Giampilieri saranno finalmente onorati e riceveranno quelle attenzioni che non hanno avuto da vivi. Quando la politica pensava ad altro. Non ai soldi da spendere per mettere in sicurezza il borgo dopo l’alluvione del 2007, ma alla gestione del potere. Che qui è granitico, immutabile e si trasmette per eredità familiare. E’ finita la Prima Repubblica, sono scomparsi i vecchi partiti, ma le grandi famiglie politiche, quelle che hanno governato ai tempi della Dc e del Psi, dominano ancora. La città “è uno stagno in cui non vi è alcun alito di vento che agiti le acque”. Analisi tristissima e desolante quella del magistrato Giusto Sciacchitano. Fa da filo conduttore del libro inchiesta Messina capitale d’Italia di Roberto Gugliotta e Gianfranco Pensavalli. Qui, più che in qualsiasi altro luogo d’Italia, la politica non ha remore nella gestione del potere. Il Comune ha un deficit di 500 milioni di euro. La bancarotta è vicina. Eppure il sindaco Buzzanca arricchisce il pool di avvocati a sua disposizione di sette legali. Da otto a quindici per una spesa di 270.000 euro l’anno. Nell’elenco un ex parlamentare di Forza Italia, Anonino Gazzara, Mariangela Ferrara, cognata di Rocco Crimi, sottosegretario allo Sport, e Giulia Carrara, la sorella di Nuccio, un ex senatore di An. Il manuale Cencelli domina e detta le regole per la spartizione di enti, partecipate, società miste, ospedali. La Corte dei Conti ha analizzato i bilanci delle Aziende sanitarie siciliane del 2008. Il deficit è di 331 milioni di euro, l’azienda che si piazza al secondo posto del grande scialo (al primo c’è Catania) è quella di Messina: un buco di 62 milioni. A dirigerla Salvatore Furnari, un uomo di Rocco Crimi, il potentissimo sottosegretario allo sport. Nel cda del Vittorio Emanuele, il teatro della città, siedono Daniela Faranda, cugina del deputato Pdl Nino Germanà e Gustavo Ricevuto, fratello di Nanni, il Presidente della Provincia. Tutto a loro nella città di Peppino Buzzanca, una condanna sul groppone a sei mesi per ‘peculato d’uso’ quando era Presidente della Provincia. La storia è nota e fece ridere l’Italia. Era il 1995, Buzzanca, sposato da pochi giorni decise di fare un regolare viaggio di nozze. Solo che si fece accompagnare dall’autista con l’auto blu dell’ente. Processato venne condannato e dovette dimettersi. Non poteva più fare il sindaco, nè candidarsi. Nessun problema: anche per lui il governo Berlusconi varò una leggina, decidendo per decreto che il reato andava depenalizzato e che comunque non rientrava tra le cause di ineleggibilità. La politica lo sostenne, la legge pure e i messinesi non gridarono allo scandalo. La poltrona di sindaco era nel frattempo stata occupata dal centrosinistra con Francantonio Genovese, un ricco imprenditore dalle nobili origini democristiane. Suo zio era Nino Gullotti, uno dei potenti della Dc siciliana, suo padre Luigi senatore dello scudo crociato. Ma durò poco. Nel 2006 Genovese cade, il Comune viene commissariato, pochi mesi dopo si va al voato e Buzzanca stravince. Nel piatto della ‘nuova’ Messina c’è una torta ricchissima: 247 milioni per il waterfront, 100 per il risanamento delle aree industriali dismesse. Grandi business per le solite grandi famiglie di imprenditori e costruttori. Nel frattempo il potere litiga sulle responsabilità per il disastro e i morti dell’alluvione: Nania contro Prestigiacomo e Bertolaso, il sindaco contro tutti. E i soldi per il risanamento non ci sono. La Regione ha chiesto un miliardo per le opere più urgenti, il ministero dell’Ambiente ha stanziato solo 106 milioni, mentre dalla Ue sono in arrivo, ma per tutte le realtà italiane, spiccioli: 50 milioni dai fondi strutturali. Messina e le sue colline fragili aspettano.
Di Enrico Fierro
Il fatto quotidiano
08.10.2009

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