mercoledì 23 settembre 2009

INDAGATO LETTA Da 10 mesi. E nessuno ne parla

Gianni Letta è indagato da
dieci mesi per il business
dell’immigrazione. Nessuno
però lo sa (o lo scrive).
Lo ignora persino il magistrato
che dovrà occuparsi di
lui. Si chiama Francesco Greco
(solo omonimo del procuratore
aggiunto di Milano) e lavora da
poche settimane a Lagonegro,
un comune di 5 mila abitanti in
provincia di Potenza, dove la
Procura più piccola d’Italia, con
un solo pm che fa contemporaneamente
il capo reggente e il
sostituto, dovrà decidere la sorte
dell’uomo più potente del governo
dopo Silvio Berlusconi.
Con “Il Fatto quotidiano”, che
gli chiede notizie sullo stato del
fascicolo, Greco cade dalle nuvole.
Eppure nel luglio scorso il
dossier Letta è stato destinato al
suo ufficio dalla Cassazione, dopo
un surreale conflitto di competenza
fra i magistrati di Roma
e Potenza. Tutti però si sono dimenticati
di dirgli che sulla sua
scrivania sta per arrivare una valanga
di informative, corredate
da mesi di intercettazioni. Carte
che accusano il sottosegretario
alla Presidenza del Consiglio, in
concorso col capo del dipartimento
Immigrazione del ministero
degli Interni, Mario Morcone,
e con alcuni manager de
“La Cascina”: una holding di
cooperative da 200 milioni di
euro di fatturato, braccio secolare
di Comunione e Liberazione
a Roma, nata come mensa
per gli studenti della Capitale,
che oggi controlla ospedali, hotel
a 4 stelle e ristoranti di grido
(come il Pedrocchi di Padova e
Le Cappellette di Roma), dove i
clienti vip lasciano sulle pareti
la loro foto accanto alla dedica
di Giulio Andreotti.
Letta è sotto inchiesta per reati
piuttosto pesanti: abuso d’uf ficio
(fino a 3 anni di carcere), turbativa
d’asta (fino a 2), truffa aggravata
(fino a 6).
Potenza del Vaticano
L’indagine parte da Potenza,
quando il pm Henry John Woodcock
si mette a lavorare su una
presunta organizzazione specializzata
nell’aggiudicarsi commesse
pubbliche truccando le
gare. A indagare sono gli uomini
della squadra mobile e quelli del
Nucleo operativo ecologico dei
Carabinieri, diretti dal colonnello
Sergio de Caprio, alias Capitano
Ultimo, l’ufficiale che arrestò
Totò Riina. Gli investigatori
intercettano e pedinano i fratelli
Angelo e Pierfrancesco Chiorazzo,
dirigenti della Cascina e di altre società. E quasi subito
scoprono che i due stanno tentando
di accaparrarsi gli appalti
per i centri di assistenza ai rifugiati,
grazie agli aiuti di Letta.
E’ l'estate del 2008. Giornali e tv
lanciano ogni giorno “l’allar me
i m m i gra t i ” e il governo dichiara
addirittura lo stato d’emer genza.
Letta si muove alla sua maniera.
A legarlo alla Cascina non
sono solo i rapporti di consuetudine
con Chiorazzo, ma è soprattutto
la comune vicinanza
al Vaticano e ad Andreotti, numi
tutelari della cooperativa.
Per anni La Cascina ha accumulato
appalti dalle Alpi alla Sicilia,
dalle università alle strutture
pubbliche, dai teatri agli stadi,
fino alla bouvette del Senato.
Nel 2008 l’Asl di Taranto le ha
scucito la bellezza di 8,8 milioni
di euro; il comune di Roma altri
20. Non è un mistero che i vertici
della Cascina selezionino il
personale anche sulla base di
elenchi stilati da vescovi e politici
di area. Ma il gruppo non
disdegna le alleanze trasversali,
come quella intrecciata con il
governo di Fidel Castro per gestire
due hotel di lusso sulle
spiagge di Santa Lucia e di Varadero.
La crescita tumultuosa, le
scelte sfortunate (come quella
di Cuba) e 74 milioni di debiti
con il fisco, hanno però messo
la holding ciellina alle corde.
“Pronto, sono Gianni Letta”
Per risollevarsi dalla crisi, il vicepresidente
Angelo Chiorazzo
- 35 anni, celebre per aver organizzato
nel ‘97 una contestazione
a Oscar Luigi Scalfaro alla Sapienza
di Roma, molto stimato
dal segretario di Stato vaticano
Tarcisio Bertone - punta sugli
appalti in uno dei settori più
redditizi e meno controllati: gli
immigrati. Legatissimo a Clemente
Mastella (era con lui
sull’aereo di Stato da Roma al
Gran Premio di Monza nel
2007), soprannominato
nell’Udeur “il vaticanista” per
aver organizzato vari incontri
fra lo statista di Ceppaloni e Bertone,
Chiorazzo ha un altro asso
nella manica: proprio Letta. Il 6
agosto 2008 - si legge nelle carte - Angelo è a Palazzo Chigi col
cappello in mano. Una delle sue
società gestisce già il Centro accoglienza
richiedenti asilo (Cara)
di Bari con 1200 ospiti, e sta
per aprirne un altro a Taranto da
400 posti. Ogni ospite “va l e ” fi -
no a 50 euro di rimborsi pubblici
al giorno. Il manager fiuta l’af -
fare (il gruppo incassa già 70 mila
euro al giorno) e vorrebbe
espandersi in tutt’Italia. Letta
chiama il capo dell’immigrazio -
ne al ministero, il prefetto Morcone,
che si mette a disposizione.
Due giorni dopo Chiorazzo
torna alla carica a Palazzo Chigi
con la lista dei “C a ra ” più appetibili.
In cima all’elenco, Foggia
e Crotone. Dopo il secondo incontro,
Letta richiama Chiorazzo
per dirgli che qualcosa comincia
a muoversi: “Il prefetto
di Crotone mi dice che vuole
che lei vada o lunedì o martedì...
perchè poi lui va a Cosenza dove
è stato trasferito e dice: ‘E’
meglio che lascio le cose fatte’.
Allora, o lunedì o martedì mattina
la aspetta in Prefettura...
eh... a nome mio”. Chiorazzo
ringrazia e già sogna parlando
con i colleghi: “Crotone è il campo più grande d’E u ro p a ,
può arrivare a 1300 persone”.
Con il fratello Pierfrancesco, aggiunge:
“Devi andare in Calabria
a battere il ferro finché è caldo
(a Crotone l’indagine sarà archiviata,
ndr) ”.
Un milione all’Auxilium
Chiorazzo seguita a vedere Letta.
Il quarto incontro avviene il 2
settembre. Dieci giorni dopo,
ecco finalmente i primi risultati:
un bell’appalto da un milione e
170 mila euro, destinato alla
cooperativa Auxilium di Senise, presieduta da suo fratello, per
aprire un nuovo “C a ra ” a Policoro,
provincia di Matera. Com’è
stato possibile? La risposta la
danno gli investigatori: per
quell’appalto “il prefetto di Matera
e il sindaco di Policoro sono
stati ‘s c ava l c a t i ’ e messi davanti
al ‘fatto compiuto’. Il prefetto
Giovanni Monteleone sarà informato
solo un giorno e mezzo
prima dell'arrivo dei rifugiati e il
sindaco Lopatriello sarà convinto
ad avallare lo status quo con
promesse, di evidente natura
clientelare, di assunzioni di persone
da lui segnalate. L’esisten -
za di un'emergenza nazionale
diviene così il pretesto utile a
dissimulare uno stravolgimento
delle regole della buona amministrazione
e per accontentare
le richieste del Chiorazzo gestore
in pectore del “C a ra ” di Policoro,
prim’ancora che ne sia
deliberata la creazione”.
Il prefetto non ci sta
Occhio alle date: grazie a Super-
Gianni, son bastati 11 giorni per
aprire un centro da 200 posti
che vale 4 milioni di euro l’an -
no. E poi dicono che la burocrazia
è lenta. Il prefetto Monteleone,
sentito come testimone, ancora
non ci crede: “Giovedì mattina
(11 settembre 2008, ndr)
mi ha chiamato il prefetto Morcone
da Roma dicendomi: abbiamo
individuato una struttura
a Policoro dove sabato 13 arriveranno
i primi 200 extracomunitari
perché c’è un’emer genza
nazionale. Io sono rimasto molto molto
sorpreso e mi sono sentito
bypassato... Non ho avuto la
possibilità di chiamare i sindaci
e di far vedere che esiste un prefe
t t o ”. Anche il viceprefetto Michele
Albertini è perplesso. Rifiuta
di firmare e chiede una lettera
del ministero che autorizzi
quella “strana convenzione”,
come la definisce lui stesso. Anche
perché, spiega agli investigatori,
“solitamente si lascia alle
sedi locali il compito di individuare
le ditte. Qui era già tutto
fatto da Roma”. Niente da fare:
l’affidamento ad Auxilium non
si discute. Nessuno si preoccupa
di verificare la capienza del
centro. Ecco una telefonata intercettata
fra la funzionaria Isabella
Alberti e il presidente dell'Auxilium,
Pierfrancesco Chiorazzo.
Sono le 9.30 del 12 settembre,
il Cara è già stato praticamente
autorizzato, gli immigrati
arriveranno l’indomani.
Prima però bisogna mettere a
posto le carte.
L’appalto al telefono
La dottoressa Alberti si produce
in un esercizio di dettatura che
pare il remake della celebre scena
di “Totò, Peppino e la malafe
m m i n a ”. “Allora scriva”, esordisce
mentre Chiorazzo prende
nota: "Alla direzione centrale
dei servizi civili per l'immigrazione
e l'asilo. Alla cortese attenzione
del prefetto Forlani,
Roma. Oggetto: offerta di strutture
ed accoglienza sita in Policoro,
Matera". Seguono dieci righe
di dettato, dopo di che la signora
ha un soprassalto di coscienza:
“Senta, ma poi i posti
quanti sono?”. E Chiorazzo:
“210”. La funzionaria dello Stato
per un attimo si ricorda del suo
ruolo e pone un problema non
secondario: “Ma c'è tutto? Cioè,
per un’accoglienza dignitosa,
c’è tutto?”. Chiorazzo la rassicura:
“Sì, sì, sì, tutto. C’è tutto”. E
meno male. Gli investigatori invece
annotano: “Nessuna tempestiva
verifica preventiva è stata
eseguita dal ministero per accertare
che effettivamente la
struttura fosse in possesso di
tutti i requisiti necessari e per
verificare la sicurezza e la salubrità
dei luoghi”. Solo il prefetto
di Matera, un giorno prima di
aprire il “C a ra ”, sguinzaglia una
delegazione a controllare. “Sta
di fatto”, prosegue la nota, “ch e
dopo gli accessi eseguiti, su apposita
richiesta della Prefettura
di Matera, dall’Asl5 di Montalbano
Ionico, è emerso che la struttura
ospitante il Centro, in via
del tutto eccezionale, può contenere
al massimo 107 persone”.
Così il 16 novembre 2008 la
Prefettura invia un fax urgentissimo
per comunicare che gli
ospiti in soprannumero vanno
trasferiti. Nel frattempo l’Auxi -
lium potrebbe aver incassato 5
mila euro in più al giorno riempiendo
il “C a ra ” oltre i limiti.
Secondo la Procura di Roma, in
questa vicenda non ci sarebbe
nulla di penalmente rilevante. Il
pm Sergio Colaiocco ha fatto archiviare
l’accusa di associazione
per delinquere contro Letta e
Morcone. Poi, pur non essendo
competente per territorio, ha
lasciato intendere che - se fosse
per lui - li scagionerebbe anche
dalle altre accuse di abuso, truffa
e turbativa. A suo avviso, lo
stato d’emergenza legittima tutto.
Secondo Woodcock, invece,
l'emergenza non farebbe venir
meno l’obbligo di chiedere almeno
cinque preventivi prima
di assegnare un appalto milionario
con un paio di telefonate.
Ora la parola passa al pm unico
di Lagonegro. Se avrà tempo.

di Peter Gomez
e Marco Lillo
da Il Fatto Quotidiano, 23.09.2009

Nessun commento:

Posta un commento